La sentenza UBER e i suoi risvolti nel trasporto di persone

La sentenza UBER e i suoi risvolti nel trasporto di persone

Il 20 dicembre 2017 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato che il servizio di messa in contatto con conducenti non professionisti fornito da Uber rientra nell’ambito dei servizi nel settore dei trasporti e pertanto deve rispettare le normative nazionali di settore in merito ad autorizzazioni commerciali o amministrative nella prestazione dei servizi di trasporto. Il giudice europeo non si è espresso sul servizio reso a conducenti professionisti.
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La Corte di Giustizia si è pronunciata a seguito del rinvio disposto dal Tribunale di Barcellona nell’ambito della controversia insorta tra l’associazione dei tassisti di Barcellona e Uber. Il giudice spagnolo aveva chiesto al giudice dell’Unione europea se il servizio di Uber che gestisce una piattaforma elettronica che mette in contatto conducenti non professionisti che utilizzano il proprio veicolo con persone che intendono effettuare spostamenti urbani fosse una mera attività di trasporto, un servizio elettronico di intermediazione o un servizio della società dell’informazione.
Con la sentenza in commento la Corte di Giustizia ha affermato che il servizio offerto da Uber non rientra nel novero dei servizi della società dell’informazione che a norma della Direttiva 2000\31 sono completamente liberalizzati quanto piuttosto tra i servizi di trasporto i quali in forza della Direttiva 2006/123, non godono del principio di libertà di circolazione dei servizi e sono quindi assoggettati alle varie normative nazionali in tema di autorizzazioni commerciali ed amministrative.
La Corte di Giustizia non ha condiviso la tesi di Uber in base alla quale il suo servizio consista in una prestazione di mera intermediazione. I giudici europei hanno ritenuto che Uber non si limita a mettere in relazione offerta e domanda, ma crea essa stessa l’offerta, oltre a disciplinarne le caratteristiche essenziali e organizzarne il funzionamento.
Ad avviso della Corte, la natura dell’attività di Uber è fondamentalmente divisa in due parti, una elettronica e una materiale. La parte elettronica è quella relativa all’intermediazione tra domanda e offerta mentre quella materiale è rappresentata dal servizio di trasporto.
Uber permette a coloro che intendono avviare un’attività di trasporto urbano di passeggeri di collegarsi alla sua applicazione e di svolgere tale attività secondo le condizioni da essa imposte, vincolanti per i conducenti in ragione del contratto di utilizzo dell’applicazione. Si tratta di condizioni molteplici che riguardano sia l’accesso all’attività che il suo svolgimento nonché il comportamento del conducente nell’erogare le prestazioni.
Benché nel contesto della piattaforma Uber non sia disciplinato l’orario di lavoro, la maggior parte delle corse risulta realizzata da conducenti, per i quali Uber rappresenta l’unica o la principale attività professionale. Senza vincolarli formalmente, Uber è così in grado di adottare la sua offerta alle variazioni della domanda. È infine Uber a stabilire il prezzo del servizio erogato.
Alla luce di ciò non è possibile ritenere accessorio e indipendente il servizio di trasporto rispetto al servizio di intermediazione, pertanto non è possibile inquadrare come servizio elettronico il servizio di Uber: piuttosto è un servizio misto che comprende anche il servizio di trasporto. Uber, quindi, non può godere del principio della libera prestazione di servizi, rientrando i servizi di trasporti nell’eccezione alla libera prestazione dei servizi prevista dall’articolo 58, paragrafo 1, TFUE, secondo cui l’applicazione dei principi della libera prestazione dei servizi deve pertanto essere realizzata, in base al Trattato FUE, mediante l’attuazione della politica comune dei trasporti
Allo stato attuale, poiché il Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea non hanno adottato alcuna norma comune avente ad oggetto i servizi di trasporto non collettivi in aerea urbana, la materia è ancora di competenza degli Stati membri.
Questo però non significa che Uber non potrà più operare in Europa. Infatti il perimetro di questa sentenza era limitato all’attività “peer-to-peer” ossia alla prestazione del servizio di trasporto mediante conducenti non professionisti sforniti di autorizzazioni commerciali, il c.d. UBER POP.
Per quanto riguarda l’attività di Uber prestata per i servizi di trasporto resi da conducenti professionisti, che devono rispettare il quadro normativo di settore, rimane aperta la questione se Uber sia sottoposto anch’esso a tale quadro normativo. Affinché la parte elettronica della prestazione (l’intermediazione di Uber) possa rientrare nel novero dei servizi della società dell’informazione ricompresi nella Direttiva 2000\31l e, quindi, possa godere del principio della libera prestazione dei servizi, è necessario che il servizio di trasporto costituisca elemento accessorio del servizio complessivo, sia economicamente indipendente dal servizio fornito e non sia prestato dallo stesso fornitore del servizio elettronico.

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