In Italia le Autostrade più’ care d’Europa e profitti altissimi per i concessionari

In Italia le Autostrade più’ care d’Europa e profitti altissimi per i concessionari

In Italia gli automobilisti pagano i pedaggi autostradali più cari d’Europa, mentre i concessionari registrano utili altissimi. Nel 2017 su un fatturato totale di quasi 4 miliardi di euro l’utile di esercizio di Autostrade per l’Italia ha superato il miliardo di euro. La causa del caro pedaggi è, quindi, da individuarsi nell’eccessiva remunerazione accordata ai concessionari autostradali, la maggior parte dei quali non ha mai affrontato una gara pubblica per aggiudicarsi la gestione delle autostrade.
Casello

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Primato italiano sui costi autostradali. Non saranno contenti gli automobilisti e le imprese che tutti i giorni percorrono numerosissimi chilometri sulle autostrade italiane, ma come risulta anche da un’indagine effettuata dalla trasmissione Report di Rai 3, le nostre autostrade sono le più care d’Europa, dove in alcuni Paesi, invece, le autostrade sono addirittura gratuite. In Germania, Olanda, Spagna e Belgio, infatti, non ci sono costi da sostenere per chi decide di percorrere l’autostrada, mentre in Austria, ad esempio, gli automobilisti sostengono un costo annuale per l’abbonamento di 34,70 euro ed in Svizzera lo stesso abbonamento costa 40 franchi, ossia circa 38,12 euro. L’unico sistema di pedaggi simile a quello italiano è il francese, strutturato anch’esso sui caselli, che però risulta essere comunque meno caro del nostro di circa il 25%. Nel futuro i pedaggi autostradali sono destinati a diventare sempre più cari. Nell’ultimo anno hanno avuto un rincaro medio del 2,74%.
La nostra rete autostradale è caratterizzata da un sistema di concessioni affidato per la quasi totalità dei sui chilometri ad aziende private. Ad eccezione, infatti, dei mille chilometri gestiti dall’Anas, per i restanti seimila, la rete autostradale è affidata con ben 26 concessioni, tra le quali spiccano quelle di Autostrade per L’Italia del Gruppo Atlantia della famiglia Benetton e quelle del Gruppo Gavio, che insieme gestiscono quasi il 70 % della rete privata.
Il motivo della differenza di prezzi con gli altri paesi deve essere rintracciato nella mancanza di concorrenza nel settore. Le autostrade sono infrastrutture non riproducibili, ovvero monopoli naturali, per cui chi le gestisce si trova a detenere una posizione dominante. Il concessionario è, infatti, al riparo dalla concorrenza e può decidere di aumentare i prezzi e/o diminuire la qualità del servizio senza rischiare di soffrire un calo degli accessi e quindi una diminuzione degli utili. Per i lunghi tragitti gli automobilisti ed in particolare gli autotrasportatori non hanno alternative all’autostrada. La concorrenza e i benefici che questa comporta, ovvero il miglior servizio al minor possibile dovrebbe essere garantita, quindi, nel momento in cui viene assegnata la concessione. Attraverso una gara la pubblica amministrazione dovrebbe affidare la gestione dei tratti autostradali a chi offre di effettuare il servizio con la miglior qualità al minor costo per l’utente.
Nella grande maggioranza dei casi i privati non hanno partecipato ad alcuna gara per aggiudicarsi le concessioni, che vengono rinnovate continuamente negli anni. Un vero e proprio regalo ai privati: Nel 2017, su 8 miliardi di pedaggi pagati 841 milioni sono andati allo stato come canoni e 6 alle concessionarie, che hanno però fatto investimenti per meno di un miliardo. Autostrade per l’Italia su un fatturato di quasi 4 miliardi di euro (Aspi) ha avuto un margine operativo di circa 2 miliardi e mezzo, investendo nella rete soli 517 milioni.
Utili così alti sono fuori mercato e conferma che i pedaggi applicati sono eccessivamente cari. Tali margini, impensabili per le imprese che operano in mercati concorrenziali, non sono giustificati né dal rischio di impresa che affronta Autostrade né dalla propria efficienza nè dai risultati di ricerca e sviluppo. Si tratta di utili che derivano dallo sfruttamento di un monopolio naturale tramite l’applicazione di pedaggi iniqui e il risparmio dei costi di manutenzione in un mercato a bassissimo rischio, dove la domanda è pressoché inelastica e costante se non in aumento nel tempo.
Ulteriori indebiti vantaggi sono stati concessi ai concessionari aumentando la quota di lavori inerenti alle concessioni che questi possono affidare in house, ovvero da essi svolti direttamente o tramite loro società. In deroga a quanto previsto dal codice degli appalti che prevede che i concessionari debbano mettere a gara l’80% dei lavori, ai concessionari autostradali tale soglia è stata abbassata al 60%. In questo modo i concessionari guadagnano due volte, prima sui pedaggi e poi sui lavori attinenti alle concessioni, il tutto a danno della concorrenza e della sicurezza. Essendo i committenti di loro stessi saranno particolarmente indulgenti a valutare la qualità dei lavori svolti, privando moltissime imprese, anche medio piccole della possibilità di competere in una gara per svolgere tali lavori. Tale mercato è stimabile intorno ai 3,5 miliardi di euro. Nel biennio 2007-2008, quello in cui era prescritto che il 100% dei lavori fosse oggetto di bando pubblico, l’importo dei lavori posti in gara è stato di circa 1,4 miliardi di euro; tale importo si è più che dimezzato (-57%) nel periodo 2009-2010, cioè dopo che la percentuale dell’in house venne riportata al 60%, ed è ulteriormente crollato nel 2013-2014 (-91,5%).

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