Il Consiglio di Stato conferma l’esistenza dell’abuso nel mercato dei fungicidi antiperonosporici

Il Consiglio di Stato conferma l’esistenza dell’abuso nel mercato dei fungicidi antiperonosporici

di Giovanni Scoccini, pubblicato in Rivista di Diritto e Giurisprudenza Agrazia, Alimentare e dell’Ambiente n.11-12/2014

L’esistenza in capo ad un gruppo di società di una posizione di dominanza sul mercato comporta l’obbligo di mettere a disposizione dei concorrenti studi non replicabili, in virtù del divieto sancito dalla normativa in vigore, e necessari per ottenere la ri-registrazione di prodotti fitosanitari a base di fosetil e la conseguente autorizzazione alla loro immissione in commercio. Il rifiuto di mettere a disposizione tali studi costituisce abuso di posizione dominante indipendentemente dall’indagine circa l’esistenza e l’effettività della lesione alla concorrenza.



1. Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ([1]) ha annullato la sentenza del T.A.R. ([2]), ripristinando la decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in seguito anche AGCM) ([3]) che aveva accertato e conseguentemente sanzionato l’abuso di posizione dominante commesso dalle società appartenenti al gruppo Bayer, Bayer Crospscience Srl e Bayer Crospscience AG (congiuntamente Bayer), nel mercato dei fungicidi a base di fosetyl-aluminium (in seguito fosetil) per la cura della peronospora della vite.

Sintetizzando i termini della questione che si avrà modo di approfondire nel corpo del presente articolo, l’abuso di posizione dominante di cui è stata ritenuta responsabile Bayer consistette nel rifiuto di concedere ai suoi concorrenti l’accesso ad alcuni studi di sua proprietà che questi necessitavano per continuare la loro produzione di fungicidi a base di fosetil. La riduzione della concorrenza che ne seguì si ripercosse sui consumatori, nel caso di specie i viticoltori, che a seguito dell’uscita forzata dal mercato dei concorrenti di Bayer videro aumentare il prezzo medio di vendita dei prodotti a base di fosetil del 25% dal 2008 al 2010.

La sentenza si segnala alla nostra attenzione, oltre che per gli aspetti legati all’essential facility doctrine, in base alla quale è stata valutata la liceità/ illiceità del rifiuto, perché afferma che comportamenti negligenti eventualmente tenuti da parte dei concorrenti dell’impresa dominante non costituiscono un valido esimente alla condotta anticoncorrenziale che, di per sé e da sola, è tale da comportare la legittimità della sanzione imposta dall’AGCM. Più in generale, i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che le condotte di Bayer erano in evidente collisione con i principi del diritto della concorrenza e, quindi, per decretarne l’illegittimità non vi era la necessità di indagare se una lesione della concorrenza si fosse effettivamente verificata e se fosse stata causata dalla condotta tenuta da Bayer.

Il presente articolo dopo una sintesi delle tappe giudiziarie della vicenda affronta il rapporto tra la normativa dei prodotti fito-sanitari e l’essential facility doctrine, il concetto di violazione per oggetto nell’ambito dell’abuso di posizione dominante e, infine, la questione dei danni sofferti dagli agricoltori.

2. La decisione dell’AGCM. L’AGCM nella delimitazione dell’ambito merceologico nel qual ricomprendere il fosetil stabilì che per il trattamento della peronospora della vite i fungicidi a base di fosetil non sono sostituibili con altri fungicidi che non contengono tale sostanza. Le ragioni di tale definizione del mercato rilevante sono in sintesi: a) la domanda di prodotti a base di fosetil è rappresentata per circa il 95% da coltivatori di vite; b) il fosetil è tra le sostanze ad azione endoterapica, ovvero quelle che vengono assorbite dagli organi delle piante e che, quindi, sfuggono al dilavamento, l’unica a possedere una “sistemia totale”, in grado, cioè, di essere traslocata non solo in senso ascendente (verso gli apici della pianta), ma anche in senso discendente (basipeta, verso le radici).

Nel mercato dei fungicidi a base fosetil per la cura della peronospora della vite Bayer già nel 2007, anno in cui le condotte illecite ancora dovevano produrre i loro effetti, era l’operatore dominante. Bayer, infatti, deteneva il 46% sul totale delle vendite di prodotti a base di fosetil, e un ulteriore 23% era detenuto da imprese che distribuivano fungicidi contenenti fosetil prodotto dalla stessa Bayer.

Accertata la posizione dominante di Bayer, L’AGCM comminò a quest’ultima una sanzione di oltre 5 milioni di euro per aver attuato una strategia che causò l’estromissione dal mercato di numerosi e qualificati concorrenti in violazione dell’art. 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Un quinto dei produttori di fungicidi a base di fosetil fu costretto a lasciare il mercato. L’illecito commesso da Bayer fu ritenuto particolarmente grave poiché in grado di causare, in ultima analisi, un pregiudizio significativo ai consumatori, ovvero nel caso di specie ai viticoltori. L’AGCM quantificò che a seguito dell’uscita dei concorrenti di Bayer i prezzi medi di vendita dei prodotti a base di fosetil aumentarono del 25% dal 2008 al 2010.

In particolare, come già anticipato, la strategia escludente consistette nel rifiutare a un gruppo d’imprese che producevano anch’esse fungicidi a base di fosetil l’accesso a degli studi condotti da Bayer sugli effetti del fosetil sull’uomo e sull’ambiente. Secondo l’AGCM gli studi in questione dovevano essere considerati un fattore di produzione necessario e indispensabile, in quanto i) erano necessari per ottenere l’autorizzazione a produrre/commercializzare i prodotti fitosanitari, ii) la legge ne vietava la duplicazione essendo stato già autorizzato un prodotto identico.

A tal riguardo, un breve cenno al quadro normativo di settore si rileva necessario. La direttiva 91/414/CEE del Consiglio del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari – recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194 -, prescrive che l’immissione in commercio di prodotti fitosanitari sia soggetta ad autorizzazione. L’autorizzazione è subordinata al rispetto di due condizioni: 1) la presenza delle sostanze attive tra quelle elencate nell’Allegato I della direttiva e 2) la dimostrazione tramite studi ed esperimenti dei profili di efficacia e di rischio associati alla sostanza. Nel caso di sostanze non incluse nell’Allegato I gli Stati membri possono in deroga autorizzare l’immissione in un commercio per un periodo transitorio di 12 anni. La Direttiva 2006/64/CE ([4]) della Commissione del 18 luglio 2006, che ha modificato la direttiva 91/414/CEE, ha incluso a partire dal 1° maggio 2007 il fosetil nell’elenco dell’allegato I, assoggettando alla procedura autorizzativa prevista dalla direttiva 91/414 cit. i prodotti contenenti il fosetil, che fino a quel momento avevano goduto del regime in deroga. Anche i prodotti contenenti fosetil, già in commercio, pena la revoca delle relative autorizzazioni, dovevano essere sottoposti al procedimento c.d. di ri-registrazione, che richiedeva anch’esso la dimostrazione dell’impatto della sostanza sulla salute dell’uomo e sull’ambiente. Ove, però, un prodotto identico fosse già autorizzato il richiedente la ri-registrazione doveva domandare al produttore che aveva già ottenuto l’autorizzazione l’accesso agli studi da questo condotti al fine di evitare la ripetizione di esperimenti su vertebrati. In caso di mancato accordo per la condivisione degli studi tra titolare degli stessi e richiedente era ed è tuttora previsto un meccanismo di conciliazione ed arbitrato.

Nel caso di specie le negoziazioni tra Bayer e il gruppo di imprese (in seguito Task Force) anch’esse produttrici di fungicidi a base di fosetil, aventi ad oggetto la condivisone degli studi condotti da Bayer, si prolungarono per oltre un anno senza successo, come fallirono le due procedure di conciliazione iniziate dalla Task Force. Bayer condizionò la condivisione a una serie di richieste che l’AGCM ritenne irragionevoli e del tutto ingiustificate. Nel corso delle istruttorie emerse che le richieste di Bayer erano state scientemente attuate al solo fine di impedire la condivisione degli studi e quindi di far revocare le autorizzazioni alla Task Force. Cosa che avvenne con provvedimento del 21 luglio 2008 del Ministero della salute, poi confermato dal giudice amministrativo ([5]), che confermò anche i provvedimenti con cui il Ministero dello Sviluppo Economico (MSE) aveva dichiarato l’inammissibilità delle richieste di conciliazione ed arbitrato.

Ai fini dell’esistenza dell’illecito antitrust la sentenza del T.A.R. fu ritenuta irrilevante dall’AGCM, in quanto la valutazione della portata escludente delle condotte di Bayer doveva essere effettuata a prescindere dalla correttezza formale della richiesta di accesso agli Studi della Task Force. Inoltre, secondo l’Autorità i vizi procedurali rilevati dal T.A.R. concernenti la prima fase di conciliazione davanti al MSE non erano idonei a far venir meno il carattere abusivo dei comportamenti di BCS nell’ambito della trattativa negoziale privata che aveva preceduto le procedure di conciliazione e arbitrato.

L’AGCM ritenne, quindi, che fossero soddisfatti tutti e 5 i requisiti dell’essential facility doctrine in base alla quale valutare se il rifiuto opposto da un’impresa dominante a fornire un fattore di produzione configuri un abuso di posizione dominante.

Secondo l’AGCM, infatti:
1.Gli studi non erano duplicabili a causa del relativo divieto imposto dalla legge;
2.La Task Force non poteva ottenere la ri-registrazione necessaria per continuare a commercializzare i propri prodotti;
3.La Task Force avrebbe potuto immettere nel mercato un nuovo prodotto, se avesse avuto accesso agli studi;
4.Il rifiuto opposto da Bayer a condividere gli studi non aveva giustificazioni obiettive;
5.Come conseguenza del rifiuto le imprese della Task Force furono estromesse dal mercato e i consumatori (i.e. i viticoltori) furono danneggiati in quanto i prezzi dei fungicidi a base di fosetil aumentarono.
6.La sentenza del T.A.R. Lazio. Con la sentenza del 21 marzo 2012 cit. il T.A.R. Lazio annullò la decisione dell’AGCM.

Il T.A.R. ritenne che il rifiuto di Bayer non configurasse un abuso di posizione dominante, in quanto la richiesta ricevuta di condivisione della Task Force non rispettava la procedura prevista per la condivisione degli studi non duplicabili. Secondo il giudice amministrativo di primo grado, sebbene Bayer avesse cercato espressamente di ostacolare l’accesso a tali studi, la negligenza della Task Force fu la reale causa perché questa non riuscì a ottenerne l’accesso. A conferma dell’incapacità della Task Force di utilizzare propriamente la procedura il T.A.R. rilevò che un altro produttore di fungicidi a base di fosetil era riuscito ad avere accesso agli studi di Bayer e quindi a ottenere la ri-registrazione dei propri prodotti. Ribaltando le conclusioni dell’AGCM, quindi, ritenne che il rifiuto opposto da Bayer alla Task Force fosse giustificato.

Un secondo motivo che escludeva l’illiceità della condotta di Bayer fu l’errore in cui era incorsa l’AGCM nel ritenere che la disciplina vigente all’epoca dei fatti vietasse la duplicazione degli studi che comportavano esperimenti sui vertebrati. Tale proibizione, secondo il T.A.R., fu introdotta solo con il Regolamento n. 1107/2009/CE, che entrò in vigore successivamente al termine delle negoziazioni tra Bayer e la Task Force. Gli studi di Bayer non potevano, quindi, considerarsi un’essential facility in quanto privi anche del requisito dell’induplicabilità.

Infine, il T.A.R. non condivise neanche la definizione del mercato adottata dall’Autorità ritenendo che il mercato rilevante non potesse limitarsi unicamente ai fungicidi a base di fosetil, confutando, così, la stessa esistenza di una posizione dominante in capo a Bayer.
4.La sentenza del Consiglio di Stato. Venendo all’ultimo capitolo della saga, la sentenza del Consiglio di Stato del 29 gennaio 2013 cit., come già anticipato, ha riformato la pronuncia del T.A.R. e ripristinato la decisione dell’AGCM dissentendo su tutti i motivi di annullamento accolti dal giudice di primo grado.

In primis, il Consiglio di Stato ha confermato la definizione di mercato rilevante adattata dall’Autorità ritenendola immune da travisamento dei fatti, da illogicità e da violazione di legge, riformando la sentenza di primo grado che aveva ecceduto i limiti del sindacato di legittimità. Come, infatti, affermato da costante giurisprudenza ([6]), la cognizione del giudice amministrativo deve avere a oggetto la correttezza e logicità della valutazione dei fatti operata dall’Autorità, onde verificare se tale valutazione sia immune da travisamenti e vizi logici e accertare che le norme giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate e applicate; laddove residuino margini di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati il giudice non può sostituirsi nella definizione del mercato rilevante a quella operata dall’Autorità.

Il giudizio di appello ha anche stabilito che, come esattamente aveva rilevato l’AGCM, tutti i requisiti della “essential facility doctrine” dovevano ritenersi soddisfatti, compresi quindi la non duplicabilità degli studi e l’assenza di giustificazioni per il rifiuto opposto da Bayer.

Contrariamente a quanto affermato dal T.A.R., infatti, il divieto di duplicare gli studi sugli animali vertebrati doveva considerarsi in vigore sin dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, che aveva dato attuazione alla direttiva 91/414 cit., ben prima di quando iniziarono le negoziazioni tra la Task Force e Bayer.

Il T.A.R. incorse in errore anche nel ritenere che il rifiuto di Bayer fosse giustificato dalla negligenza della Task Force nell’osservare le procedure previste per la condivisione degli studi non duplicabili. L’obbligo di porre a disposizione dei richiedenti gli studi necessari a ottenere l’autorizzazione onde evitare la duplicazione di esperimenti su animali è sancito dalla normativa europea. Bayer, come ammesso nella stessa sentenza di primo grado, attuò un comportamento ostativo all’acquisizione dei suoi studi sfruttando i formalismi della procedura. Secondo il Consiglio di Stato, in presenza di una tale condotta chiaramente contraria ai principi dell’Unione Europea l’eventuale negligenza della Task Force non avrebbe potuto rappresentare una valida giustificazione per rifiutare di condividere gli studi. La condotta di Bayer ebbe fini meramente anticoncorrenziali tanto che nella sentenza in commento si afferma che essa era di per sé e da sola tale da comportare la legittimità della sanzione indipendentemente dall’indagine circa l’esistenza e l’effettività della lesione della concorrenza e il danno per il consumatore.

Quanto agli altri requisiti dell’essential facility doctrine Il Consiglio di Stato ha confermato che gli studi erano necessari per ottenere la ri-registrazione dei prodotti e non vi erano modi alternativi attraverso cui questa potesse essere ottenuta. Senza la ri-registrazione la Task Force non avrebbe potuto immettere sul mercato un nuovo prodotto. Quanto all’eliminazione della concorrenza e al danno ai consumatori, il Consiglio di Stato ha ritenuto che data l’evidente collisione della condotta di Bayer con i principi comunitari per stabilirne l’illeceità non era necessario indagare l’esistenza della lesione alla concorrenza e il danno per il consumatore, confermando, comunque, che questi effettivamente si verificarono nel caso di specie.

5. 5.1 Il rapporto tra la normativa dei prodotti fitosanitari e l’essential facility doctrine. Nel caso in esame un elemento peculiare rispetto ai tipici casi di abusi di posizione dominante per rifiuto di effettuare forniture è rappresentato dalla disciplina di settore dei prodotti fitosanitari.

Come è noto le regolamentazioni di settore e il diritto della concorrenza hanno spesso obbiettivi confliggenti. Mentre il massimo sviluppo della concorrenza vorrebbe la massima liberalizzazione e deregolamentazione possibile, le normative di settore spesso impongono limiti alla libera iniziativa economica al fine di tutelare altri beni della vita.

Nel caso di specie la normativa che disciplina il settore dei prodotti fitosanitari ha come obiettivi:
1.a) valutare il grado di sicurezza di prodotti contenenti sostanze nocive per l’uomo e per l’ambiente;
2.b) evitare la duplicazione di studi sui vertebrati per verificare il grado di sicurezza dei prodotti stessi.

La tutela di questi due interessi è la ragione per cui la normativa impone che per la commercializzazione dei prodotti fitosanitari sia richiesta la dimostrazione tramite studi ed esperimenti dei profili di efficacia e di rischio associati alla sostanza attiva, e sia vietata la ripetizione di studi su vertebrati già condotti per l’autorizzazione dello stesso prodotto fitosanitario. A ben vedere, quindi, gli studi di Bayer sono da considerarsi un’essential facility a causa degli obblighi e divieti imposti dalla legge. Il legislatore europeo consapevole delle restrizioni della concorrenza che tale normativa avrebbe creato vi ha posto rimedio prevedendo, in ultima istanza, un obbligo di condivisione degli studi già condotti ([7]).

Nel caso di specie, pertanto, non era necessario verificare se i requisiti dell’essential facility doctrine sanciti dalla Corte di Giustizia nel caso Magill e ribaditi nel caso Oscar Bronner ([8]) fossero soddisfatti per stabilire se Bayer fosse tenuta o meno a condividere i propri studi. Tale obbligo, seppur non diretto, era ed è tuttora previsto dalla stessa legge. La stessa Commissione nei suoi Orientamenti sulle Priorità nell’applicazione dell’articolo 102 del TFUE (in seguito Orientamenti) ([9]) afferma che quando una normativa compatibile con il diritto dell’Unione già impone un obbligo di fornitura all’impresa dominante la dimostrazione dell’abuso di posizione dominante prescinde dalla sussistenza dei requisiti dell’essential facility doctrine.

A tal riguardo, sembra giunto il momento di spendere qualche parola sull’essential facility doctrine. L’imposizione di un obbligo di fornitura in capo all’operatore in posizione dominante è sempre stata una materia difficile e controversa nel diritto della concorrenza. Già nelle sentenze citate la Corte affermò espressamente che il rifiuto di effettuare una fornitura pur provenendo da un’impresa di posizione dominante non può costituire di per sé un abuso di posizione dominante[10] .

I motivi di queste cautele sono ben spiegati dalla Commissione all’inizio della sezione sul rifiuto di effettuare forniture dei suoi Orientamenti[11]. In primo luogo, si riconosce che in linea generale anche le imprese dominanti dovrebbero avere il diritto di scegliere i propri partner commerciali e di disporre liberamente dei propri beni. Inoltre, l’imposizione di un obbligo di fornitura a carico dell’impresa dominante potrebbe compromettere gli incentivi delle imprese a investire e innovare e quindi eventualmente danneggiare i consumatori. Per tali motivi, affinché possa configurarsi un obbligo a fornire e quindi un abuso di posizione dominante in caso di diniego, devono essere soddisfatti tutti i requisiti dell’essential facility doctrine ovvero:
1.Il prodotto richiesto è un fattore di produzione necessario per la realizzazione di un altro prodotto/servizio.
2.Non è possibile duplicare in maniera effettiva il fattore di produzione, in quanto non è possibile creare una fonte alternativa del fattore di produzione;
3.Il diniego avrà come conseguenza probabile l’eliminazione di una concorrenza effettiva nel mercato del prodotto/servizio derivato;
4.Il diniego non è giustificato da considerazioni obiettive;
5.Il diniego avrà come conseguenza probabile un danno per i consumatori ([12]);

Come anticipato, la sussistenza dei suddetti requisiti non è necessaria quando un obbligo di rifornire sia imposto dalla legge, in quanto in tali casi la ponderazione delle conseguenze e degli incentivi al momento dell’imposizione di un tale obbligo è già stata effettuata dal legislatore.

Nel caso in commento, tuttavia, sia l’AGCM sia il Consiglio di Stato pur riconoscendo l’esistenza dell’obbligo sancito dalla normativa dell’Unione Europea di porre a disposizione gli studi, hanno preferito accertare l’illeceità del diniego opposto da Bayer di condividere i propri studi in base all’essential facility doctrine adottando un approccio ancor più garantista nei confronti dell’impresa dominante.
•Le restrizioni della concorrenza per oggetto negli abusi di posizione dominante. Il Consiglio di Stato in più passi della sua sentenza ha sottolineato che la condotta di Bayer, di per sé e da sola, era tale da comportare la legittimità della sanzione indipendentemente dall’indagine circa l’esistenza e l’effettività della lesione alla concorrenza. Il Consiglio di Stato sembrerebbe, quindi, ritenere la condotta di Bayer una restrizione per oggetto, anche se tale categoria è stata sviluppata in relazione alle intese restrittive della concorrenza e non agli abusi di posizione dominante.

Come è noto, la nozione di restrizione della concorrenza per oggetto deriva dall’articolo 101 comma 1, del TFUE che vieta le intese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza. La giurisprudenza delle corti europee ([13]) ha definito restrizioni per oggetto quelle forme di coordinamento tra imprese che rivelano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario per accertarne l’illeceità.

Un concetto analogo alle restrizioni per oggetto nei casi di abuso di posizione dominante manca. In alcuni casi la giurisprudenza ha ritenuto che gli effetti della condotta ritenuta abusiva si potessero dedurre, esonerando, quindi, la Commissione dalla prova diretta ([14]), tuttavia, la tendenza sia della Commissione sia delle Corti è di considerare la prova degli effetti anti-competitivi necessaria per l’accertamento dell’abuso. Questa tendenza appare coerente con quella che è ritenuta essere la vera finalità dell’art. 102 TFUE: la tutela dell’efficace processo concorrenziale e non la semplice tutela dei concorrenti ([15]). La semplice estromissione dal mercato di concorrenti inefficienti non è sintomatica di un comportamento abusivo. Occorre, quindi, valutare se il sospetto abuso abbia causato o sia in grado di causare un peggioramento delle condizioni di mercato, come ad esempio un aumento dei prezzi, una riduzione dell’innovazione o delle quantità prodotte.

Nel caso di specie l’Autorità rilevò un’effettiva riduzione della concorrenza causata dall’estromissione dal mercato delle imprese appartenenti alla Task Force che si manifestò con un aumento dei prezzi dei prodotti a base di fosetil. Tuttavia, il Consiglio di Stato discostandosi dall’orientamento prevalente ha ritenuto che la prova della lesione alla concorrenza fosse superflua in quanto la condotta di Bayer era in evidente contrasto con i principi del diritto dell’Unione e unicamente finalizzata all’estromissione dei concorrenti. La posizione del Consiglio di Stato appare condivisibile, nonché conforme agli Orientamenti della Commissione ([16]), poiché la strategia di Bayer per eliminare i suoi concorrenti non era basata sul merito. Bayer cercò di eliminare i propri concorrenti sfruttando a proprio vantaggio la normativa che impediva a quest’ultimi di ripetere gli studi necessari per ottenere la ri-registrazione dei propri prodotti. A conferma di ciò l’uscita dei concorrenti dal mercato fu determinata non dai consumatori, ma dal Ministero della Salute che revocò le autorizzazioni alla commercializzazione dei loro prodotti.
•I danni per gli agricoltori. Gli abusi volti all’esclusione dei concorrenti non danneggiano solo i concorrenti esclusi, ma hanno una natura pluri-offensiva. Nel caso in esame l’estromissione dal mercato di alcuni dei principali produttori di fungicidi a base di fosetil causò una limitazione dell’offerta, cui seguì un aumento non marginale dei prezzi di vendita al consumatore finale, ovvero l’agricoltore.

Correttamente, quindi, è stata ritenuta irrilevante la negligenza della Task Force nella procedura di condivisione. Escludere la natura illecita della condotta di Bayer a causa della negligenza della Task Force avrebbe privato di tutela gli incolpevoli agricoltori, che videro aumentare il prezzo dei fungicidi a base di fosetil per la cura della peronospora della vite.

L’AGCM stimò in circa il 25% nel solo biennio 2008-2010 l’aumento dei prezzi dei fungicidi a base di fosetil causato dall’estromissione dei concorrenti di Bayer dal mercato. Il comportamento abusivo posto in essere da Bayer terminò nel febbraio 2011, tuttavia appare probabile che i danni causati agli agricoltori si siano prolungati negli anni successivi alla fine dell’infrazione. Negli abusi escludenti la cessazione del comportamento abusivo non coincide con il ripristino della situazione concorrenziale ante illecito e quindi con l’esaurimento dei danni. Prima, infatti, che nel mercato rientrino le imprese che sono state estromesse a causa dell’abuso, possono passare molti anni. Nella sentenza in esame si da atto che alcuni dei prodotti di cui era stata revocata l’autorizzazione erano ancora fuori commercio al momento dell’appello innanzi al Consiglio di Stato.

Dei danni subiti a causa di una violazione della normativa a tutela della concorrenza il consumatore al pari di ogni altro soggetto del mercato ha diritto al pieno risarcimento, come oramai riconosciuto pacificamente sia dalla giurisprudenza nazionale ([17]) e sia da quella dell’Unione Europea ([18]).

La tutela della concorrenza, infatti, non è solo affidata all’azione dell’autorità pubblica, ad essa si affianca la tutela privata innanzi al giudice ordinario. Come ha recentemente affermato la Cassazione ([19]), i due tipi di tutela sebbene abbiano presupposti diversi sono tra loro complementari. In tale prospettiva, pur nel rispetto dell’autonomia del giudice ordinario, la giurisprudenza riconosce un’elevata attitudine probatoria nel giudizio civile al provvedimento dell’Autorità tanto con riferimento all’accertamento della condotta anticoncorrenziale quanto con riferimento all’idoneità a procurare un danno ai consumatori. Nelle azioni di risarcimento danni intentate a seguito di una decisione di condanna dell’AGCM l’attore potrà quindi avvalersi della presunzione che un danno ingiusto sia stato concretamente arrecato ai consumatori. Rimarrà suo onere quantificare il danno subito. Tale quantificazione è spesso di eccezionale difficoltà tanto da richiedere la valutazione equitativa. In alcuni casi, tuttavia, lo stesso provvedimento dell’AGCM contiene importanti indicazioni, come nel caso in esame dove l’Autorità ha quantificato l’aumento di prezzo subito dagli agricoltori a causa dell’abuso.


1. Cons. Stato, Sez. VI 29 gennaio 2013, n.548 reperibile sul sito http://www.giustizia-amministrativa.it/.
2. T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I del 16 Maggio 2012, n. 4403 reperibile sul sito http://www.giustizia-amministrativa.it/.
3. AGCM 28 giugno 2012, provv. n. 22558 - SAPEC AGRO/BAYER-HELM (A415) in n. 26/2011;
4. La direttiva 2006/64/CE è stata attuata con Decreto del Ministro della Salute 20 febbraio 2007 “Inclusione delle sostanze attive clopiralid, ciprodinil, fosetil e trinexapacnell’allegato I del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, in attuazione della direttiva 2006/64/CE della Commissione del 18 luglio 2006” (GU n. 81 del 6-4-2007)”.
5. T.A.R. Lazio – Roma Sez. 3 quater del 23 settembre 2010 n. 32407 reperibile sul sito http://www.giustizia-amministrativa.it/.
6. per tutte, Cons. St., sez. VI, 1° marzo 2012, n. 1192 e 14 luglio 2011, n. 4283 reperibile sul sito http://www.giustizia-amministrativa.it/.
7. Art. 13, ult. comma, Direttiva 91/414/CEE: “Qualora, tuttavia il richiedente e i detentori di autorizzazioni precedenti dello stesso prodotto non siano in grado di giungere ad un accordo sullo scambio delle informazioni, gli Stati membri possono adottare misure nazionali che obblighino il richiedente e i detentori di autorizzazioni precedenti stabiliti sul loro territorio a mettere in comune i dati al fine di evitare le ripetizioni di esperimenti sugli animali vertebrati e determinare nel contempo la procedura per l’utilizzazione delle informazioni e il ragionevole equilibrio tra gli interessi delle parti in causa.”
8. Corte di Giustizia UE, 6 aprile 1995, in causa C-242/91 Magill TV guide/ITP, BBC and RTE, in Racc. 1995, pag. I-743; Corte di Giustizia UE, 26 novembre 1998, in causa C-7/97, Oscar Bronner GmbH & Co. KG c. Mediaprint Zeitungs-und Zeitschriftenverlag GmbH & Co. KG, Mediaprint Zeitungsvertriebsgesellschaft mbH & Co. KG e Mediaprint Anzeigengesellschaft mbH & Co. KG, in Racc. 1998, pag. I-7791, entrambe reperibili sul sito http://curia.europa.eu/.
9. Cfr. par. 82 Comunicazione della Commissione — Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti (Testo rilevante ai fini del SEE) (2009/C 45/02)
10. Cfr par. 49 e 50 sentenza Magill e par. 39 sentenza Oscar Bronner cit. vedi nota 8.
11. Cfr par. 75 Orientamenti.
12. Nel caso Magill, poi ripreso nella sentenza Oscar Bronner (vedi nota 8) la Corte aveva identificato il danno dei consumatori nella mancata immissione di un nuovo prodotto. Questo requisito come ha notato il Tribunale UE nella sentenza 28 aprile 2005, in causa T-201/04, Microsoft c. Commission, in Racc. 2007 pag. II-3601, reperibile sul sito http://curia.europa.eu/ in realtà si trova solo nei casi che riguardano la concessione di diritti di proprietà intellettuale e nella stessa sentenza se ne da una interpretazione particolarmente flessibile. Sembrerebbe, quindi, più corretto ritenere anche alla luce degli Orientamenti della Commissione (parr 85-88) che il diniego di rifornire sia illecito quando determini conseguenze negative per i consumatori di qualsiasi tipo esse possano essere, compreso quindi l’aumento dei prezzi dei prodotti derivati. Nel caso in esame il Consiglio di Stato ha considerato il requisito della mancata immissione di un nuovo prodotto non oggetto di contestazione
13. In tal senso, in particolare, Corte di Giustizia,l 30 giugno 1966, in causa 56/65, LTM c. MBU, par. 15, in Racc. 1966 pag. 337, nonché Corte di Giustizia, 14 marzo 2013, in causa C‑32/11, Allianz Hungária Biztosító e a., 34 in Racc. . Si evidenzia che sulla nozione di restrizione per oggetto è recentemente intervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza dell’11 settembre 2014 Groupement des cartes bancaires (CB) contro Commissione europea, caso C-67/13, inedita, che confermando la non necessità di esaminare gli effetti delle restrizioni per oggetto, tuttavia stabilisce che è necessario verificare se la tale restrizione della concorrenza presenti un grado sufficiente di dannosità per poter essere qualificata come restrizione «per oggetto». Le sentenze citate in nota sono reperibili sul sito http://curia.europa.eu/.
14. Tribunale UE, 30 settembre 2003 in causa T-203/01, Manufacture française des pneumatiques Michelin c. Commissione, in Racc. 2003 pag. II-4071, caso reperibile sul sito http://curia.europa.eu/.
15. Cfr. par. 6 degli Orientamenti.
16. Come si legge nel par. 6 degli Orientamenti “Relativamente al comportamento di esclusione, l’attuazione coercitiva delle norme svolta dalla Commissione mira in particolare a salvaguardare il processo concorrenziale nel mercato interno e a garantire che le imprese che detengono una posizione dominante non escludano dal mercato i propri concorrenti tramite mezzi diversi dalla concorrenza basata sui meriti dei prodotti o dei servizi che forniscono.”
17. Cass. Civ. Sezioni Unite del 04/02/2005 n. 2207 in Foro It., 2005, I, 2014.
18. Corte di Giustizia UE, 20 settembre 2001, in causa C-453/99 Courage c. Crehan, in Racc. 2001 pag. I-6297, reperibile sul sito http://curia.europa.eu/.
19. Civ. Sez. I 28/05/2014 n. 11904 in Foro It. 2014, I, 1729.





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