Impugnato al Tribunale UE il nuovo regime fitosanitario che mette a rischio la sopravvivenza delle risorse vegetali autoctone

Impugnato al Tribunale UE il nuovo regime fitosanitario che mette a rischio la sopravvivenza delle risorse vegetali autoctone

A difesa della conservazione delle risorse autoctone che sono alla base di migliaia di Denominazione di Origine/Indicazioni Geografiche solo la Confederazione Italiana Agricoltori e la MIVA assistite dallo studio legale Scoccini hanno impugnato il regolamento di esecuzione (UE) 2019/2072 che mette fuori legge sementi e piantine da impianto che non rispettano la soglia zero per gli Organismi nocivi regolamentati non da quarantena
controlli fitosanitari

Innanzi al Tribunale dell’Unione Europea nel caso T-116/20 la Confederazione Italiana Agricoltori – CIA e l’Associazione Moltiplicatori Italiani Viticoli Associati- MIVA assistite dallo studio legale Scoccini, hanno impugnato il regolamento di esecuzione (UE) 2019/2072, con cui la Commissione europea ha vietato l’introduzione e lo spostamento di risorse vegetali da riproduzione che non garantiscono la totale assenza degli Organismi nocivi regolamentati non da quarantena (ORNQ), prevedendo una soglia zero di tolleranza.
Gli ORNQ sono organismi già presenti nel territorio dell’Unione europea in quanto hanno avuto un secolare (se non millenario) processo di coevoluzione pianta-ospite e sono presenti su migliaia di risorse vegetali autoctone a ridotta diffusione. Vista la loro diffusione non rispondono più ai criteri di un organismo da quarantena, tuttavia date le ripercussioni economiche inaccettabili che la loro comparsa potrebbe comportare, sono oggetto di misure fitosanitarie a livello di materiale di moltiplicazione.
La disciplina degli ORNQ è contenuta il Regolamento (UE) 2016/2031 del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, che ha istituito un nuovo regime fitosanitario sul territorio dell’Unione. Alla Commissione europea è stato demandato il compito di stabilire un elenco degli organismi nocivi regolamentati non da quarantena rilevanti per l’Unione e delle specifiche piante da impianto e le soglie oltre le quali la presenza degli ORNQ sulle piante da impianto ha un impatto economico inaccettabile.
Con il successivo Regolamento di Esecuzione UE 2019/2072 la Commissione ha provveduto a formare l’elenco degli gli organismi nocivi non da quarantena rilevanti per l’Unione (ORNQ) e delle specifiche piante da impianto, comprendente categorie e soglie di cui all’art 37 par. 2 del Reg UE 2016/2031; Detto elenco, in allegato IV al Reg. 2019/2072, in particolare alle Parti: A (sementi di foraggere) B (sementi di cereali) C (vite), F (sementi di ortaggi), I (piantine di ortaggi), J (piante da frutto) reca soglie, per presenza e sintomi di ORNQ, pari a 0%, ovvero totale assenza di presenza e/o sintomi dell’organismo nocivo.
Il rispetto della soglia zero fissato per gli ORNQ nell’allegato IV al Reg. 2019/2072 implica un ineludibile processo di risanamento fitosanitario il cui costo economico è spesso molto oneroso. Il risanamento è praticabile unicamente mediante processi di selezione, ovvero a partire da pochi individui rappresentativi della popolazione, con irreversibile sacrifico della variabilità genetica delle varietà “standard” che recano invece ampia rappresentatività dei pool genici delle popolazioni, oggetto di specifica tutela ai fini della conservazione della biodiversità; ciò ha gravissime se non esiziali implicazioni per la biodiversità vegetale di interesse agrario della UE e dell’Italia in particolare, che ne detiene circa 1/3 del totale.
È possibile un focus esemplificativo degli effetti sulla filiera viticola delle nuove norme fitosanitarie, non solo perché la relativa normativa varietale italiana garantisce un quadro informativo esaustivo e verificabile, tale da consentire, grazie al Registro Nazionale della Vite da Vino, una immediata quantificazione delle risorse interessate, ma anche perché la nuova normativa fitosanitaria va a danneggiare il settore che ha garantito la più ampia diversificazione produttiva in Italia che, a differenza della Francia e di altri produttori nordeuropei, proprio sui vitigni autoctoni, oggi massimamente impattati, ha incentrato un percorso di valorizzazione della produzione nazionale sul mercato UE ed internazionale. Attualmente in Italia risultano iscritte al Registro Nazionale 535 vitigni, di cui 289, quasi tutti autoctoni, sono privi di cloni e vengono commercializzati come materiale standard. Di fatto con l’entrata in vigore della nuova normativa verrebbe interdetta la commercializzazione di qualsiasi materiale di propagazione per il 54% delle varietà di vite iscritte al Registro Nazionale della Vite da Vino!
Per le numerose Denominazione di Origine/Indicazioni Geografiche (DO/IG) aventi come base ampelografica vitigni privi di selezione clonale, si determina l’impossibilità di rinnovare o realizzare nuovi impianti per almeno un decennio, ammesso che le varietà siano di interesse per la selezione; se non lo fossero (e abbiamo evidenza che gran parte non sono di interesse per la selezione), si determina di fatto una riduzione del potenziale delle tante DO fondate su autoctoni, ed uno spostamento verso vitigni internazionali ed inevitabile appiattimento dell’offerta. Infine: sono numerose le varietà che, nonostante i numerosi tentativi di risanamento, hanno evidenziato problemi non superabili in fase di termoterapia e/o micropropagazione (per quanto direttamente noto, è il caso della cv. Malvasia del Lazio).
Il ricorso proposto dalla Cia e dalla MIVA è volto a tutelare l’interesse collettivo alla conservazione della biodiversità vegetale, che il divieto assoluto (conseguenza della soglia zero) di introduzione e spostamento delle risorse vegetali interessate dagli ORNQ mette a repentaglio nel lungo termine.
Le ricorrenti hanno eccepito che l’estirpazione degli ORNQ dal territorio dell’UE non è mai stato l’obbiettivo del Regolamento 2016/2031. Gli obbiettivi del Regolamento 2016/2013 per quanto riguarda gli ORNQ sono stati traditi dalla Commissione europea nel Regolamento di esecuzione 2019/2072, che in violazione del principio di proporzionalità e del tutto inaspettatamente ha stabilito un divieto assoluto per gli ORNQ con l’adozione della soglia zero. La Commissione non ha verificato effettivamente se l’impatto economico della presenza degli organismi nocivi era inaccettabile ovvero economicamente insostenibile e se fossero disponibili misure realizzabili ed efficaci di risanamento. Le soglie di presenza per gli ORNQ non sono motivate da espresse e singole valutazioni di “impatto economico inaccettabile” e di disponibilità di misure realizzabili ed efficaci per impedire la presenza di ORQN sulle piante di impianto.
Le analisi degli esperti incaricati dalla Commissione non hanno tenuto conto della specificità territoriali e sono state prettamente di natura qualitativa, ovvero basate sulla teoria.
Ad avviso delle ricorrenti, la mancata considerazione delle specificità territoriali e il mancato svolgimento di analisi quantitative hanno determinato valutazioni del tutto errate. Gli esperti incaricati dalla Commissione, infatti, hanno ritenuto di applicare la soglia zero per ORNQ presenti da millenni sul territorio dell’Unione, e diffusi su decine di specie e centinaia di varietà vegetali diverse; se l’impatto economico fosse stato intollerabile, quelle specie e varietà interessate non sarebbero più coltivate e invece rappresentano la quota numericamente prevalente delle varietà di interesse agrario anche se a ridotta diffusione territoriale.

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