Il MIT torna a pubblicare i valori indicativi di riferimento dei costi di esercizio dell’autotrasporto

Il MIT torna a pubblicare i valori indicativi di riferimento dei costi di esercizio dell’autotrasporto

Dopo che per anni l’autotrasporto ha chiesto il ritorno della pubblicazione dei costi minimi nella speranza di riequilibrare la contrattazione con la committenza e frenare il calo delle tariffe, il MIT pubblica valori minimi e massimi, che però non sono vincolanti né per autotrasportatori né per la committenza.
Fino a quando non sarà possibile assicurare che tutte le imprese rispettino le stesse regole la soluzione alla crisi dell’autotrasporto rimangono tariffe minime inderogabili.
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Con decreto del 27 novembre 2020 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha adempiuto al proprio obbligo di pubblicare i valori indicativi di riferimento dei costi di esercizio dell’impresa di autotrasporto per conto di terzi previsto dall’art. 1 comma 250 della legge n. 190/2014 e tutt’ora in vigore.
Era dal 2015 che il MIT si rifiutava di accogliere la richiesta dell’autotrasporto di pubblicare i costi minimi a causa dell’ingiustificata contrarietà dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) espressa nel parere del 22 aprile 2015, poi ribadita con il parere dell’8 febbraio 2017. Come avevamo sostenuto in precedenza, la posizione dell’Autorità era infondata, in quanto le norme a tutela della concorrenza non ostano alla pubblicazione da parte del MIT dei valori indicativi di riferimento dei costi di esercizio dell’autotrasporto per conto di terzi, come previsto dall’art. 1 comma 250 della legge n. 190/2014. La Corte di Giustizia dell’UE e la Corte Costituzionale erano state chiare a tal riguardo.
Senza che sia intervenuto alcuna novella normativa, il MIT ha adempiuto all’obbligo di pubblicare i valori indicativi di riferimento a seguito di un nuovo parere richiesto all’AGCM, che pur non rinnegando esplicitamente il parere del 2017 ha di fatto espresso una posizione diametralmente opposta a quanto precedentemente sostenuto.
La precedente posizione dell’AGCM era frutto di una malintesa interpretazione del diritto della concorrenza che ritiene preminente l’interesse dei consumatori a quello delle imprese. Si tratta di una visione miope che dimentica che per poter consumare è necessario produrre, senza alcun fondamento normativo in quanto le norme a tutela della concorrenza disciplinano il comportamento delle imprese, ma non vietano agli Stati di regolare il mercato e di prevedere dei prezzi minimi inderogabili e vincolanti.
Ripristinata la situazione di legalità, nel senso di adempimento da parte del MIT a quanto previsto dalla legge, con il decreto del 27 novembre 2020 è stata pubblicata una tabella che riporta i costi di esercizio suddivisi per 3 categorie (veicolo, altri costi, pedaggio), per quattro tipologie di autoveicoli (fino a 3,5 tonnellate, oltre 3,5 e fino a 12 tonnellate, oltre 12 e fino a 26 tonnellate, oltre 26 tonnellate), con un valore minimo e massimo, che richiama le tariffe a forcella.
I costi minimi e massimi indicati dal MIT hanno solo un valore indicativo. Autotrasportatori e committenza possono stabilire prezzi inferiori o superiori a tali valori. La loro utilità giudiziale è dubbia, sia ai fini di rivendicare un maggior compenso sia per contestare un’ipotesi di concorrenza sleale da parte di un autotrasporto che applica tariffe inferiori ai minimi.
Fino a quando non sarà possibile assicurare un level playing field, ovvero che tutte le imprese rispettino le stesse regole (di sicurezza, ambientali, sociali, e fiscali) una concorrenza senza regole sul prezzo premierà le imprese più spregiudicate e incentiverà la delocalizzazione in paesi dove le regole sono meno rigide. La soluzione per tutelare gli autotrasportatori, specialmente i padroncini e le imprese più piccole, nei confronti della grande committenza rimane la previsione di tariffe minime inderogabili stabilite dallo Stato. Né il diritto dell’Unione europea, né la nostra Carta Costituzionale vietano tale soluzione, come dimostra il fatto che sia le tariffe a forcella che i costi minimi determinati dal MIT avevano superato il vaglio dei Giudici dell’UE e della nostra Corte Costituzionale.

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